02 settembre 2013

ODO SILENZI DI MORTE di Ennio Montesi


Non odo parlare di libertà, nelle piazze
Non odo discutere di uguaglianza, per le strade
Non odo commenti sulla democrazia, nel paese
Eppure i suoni arrivano chiari, distinti e forti dentro ai miei orecchi sani.

Non odo urlate parole dure contro i razzismi, dentro i governi
Non odo parole di condanna sui morti e sulle stragi di Stato, nei bar e nei parchi
Non odo assemblee contro lo sfruttamento, nelle fabbriche
Non odo scioperi contro leggi criminali, nei sindacati
Non odo parole di vita, ma silenzi in deserti illimitati
Non odo intellettuali scagliarsi contro atroci soprusi, nelle conferenze
Non odo giornalisti contro le smisurate menzogne, nelle radio e nelle televisioni
Non odo professori evidenziare dittature, nelle aule magne
Non odo comizi di oratori arringare contro il terrorismo di Stato, sui palchi
Non odo recitar poesie per la pace dei popoli, dai poeti
Non odo cantar canzoni per il disarmo degli Stati, dai cantanti
Non odo leggere pagine di libri, dai saggi
Non odo discorsi sui crimini delle religioni, dai liberi pensatori
Non odo discorsi di indipendenza, dai capi di Stato
Non odo urla furiose contro le guerre, nelle scuole
Non odo organizzare manifestazioni di protesta, nelle università
Non odo il popolo ribellarsi dalla schiavitù, nelle città
Non odo fragori di barricate innalzate, dai rivoltosi
Non odo esplosioni di bombe molotov, dai ribelli
Non odo boati di rivoluzioni, dai rivoluzionari

Odo grandi lancinanti silenzi
Odo profonda illimitata ignoranza
Odo gigantesche vergognose menzogne
Odo schifose criminali dottrine
Odo crescenti malate violenze
Odo terribili estese dittature
Odo miserabili colpevoli ciechi volontari
Odo insulsi egoisti responsabili
Odo brandelli di civiltà che vanno in frantumi
Odo antichi possenti pensieri che muoiono
Odo piagnucolose infantili voci di adulti cadaveri
Odo sommesse impotenti chiacchiere di ragazzi feriti
Odo disperate innocenti grida di bambini morenti
Odo poveri vigliacchi pianti di società agonizzanti
Odo enormi funeste angosce di popoli moribondi

I suoni arrivano chiari, distinti e forti dentro a orecchi attenti, sensibili.
Orecchi che vorrei non avere
Orecchi che vorrei fossero mangiati dai vermi carnivori
Orecchi che vorrei infilarci dentro un chiodo di ferro così da diventar sordo
Orecchi che vorrei strapparmi alla radice per non udire, per non soffrire.

Ennio Montesi
(01.09.2013)

Sta per accadere irreversibile Azione Rivoluzionaria. L’Italia non sarà più la stessa.


03 gennaio 2013

VATICANO RASO AL SUOLO di Ennio Montesi



VATICANO RASO AL SUOLO 

di Ennio Montesi

“Arriveremo, certamente un giorno non lontano, a brindare tutti insieme con un bicchiere di vino in mano camminando felici, finalmente sereni, storditi di incredulità, liberi e gioiosi, ballando sulle macerie ancora fumanti di quello che fu lo Stato del Vaticano raso al suolo dalla razionale saggezza e dalla giustizia furente e implacabile del Popolo Italiano Sovrano, ridendo, cantando, calpestando, prendendo a calci e facendo a pezzi quel poco che rimarrà dello schifoso, nauseante, vomitevole e putrescente cadavere della criminale setta sanguinaria e assassina della Chiesa cattolica, della più grande e spietata associazione criminale e di assassini che abbia mai attraversato la storia, responsabile, colpevole e autrice di torture, morti, genocidi atroci e crimini efferati contro l’umanità. Quella data verrà ricordata per sempre, scolpita nella memoria del tempo, come il Big Bang dell’esplosione della democrazia, dello sviluppo dell’uguaglianza e dell’espansione della libertà, come la più grande, duratura e importante festa di pace che unirà in un sol popolo tutti gli uomini, donne e bambini del pianeta. Questa scritta, mi piace pensare, verrà diffusa, incisa un giorno sulle targhe di marmo e di bronzo affisse in piazze, città e nazioni a ricordo e a monito per tutte le future generazioni.”

Ennio Montesi

Italia, Giorno du Quintidi, Décade I, Mese di Nivôse, Anno 221 della Répubblica.
Calendario Rivoluzionario Francese o Calendario Repubblicano Francese.

Italia, Martedì 25 Dicembre 2012.
Calendario Gregoriano.

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10 dicembre 2012

GRAZIE LETTORI AMICI (E NEMICI) di Ennio Montesi


“Desidero ringraziare tutte le persone venute Sabato 8 Dicembre 2012 alla fiera del libro Più Libri Più Liberi di Roma. È stato un vero piacere incontrare i numerosi lettori e amici venuti ininterrottamente per il mio ultimo libro L’UOMO CHE UCCISE DIO, Il romanzo della realtà e dell'utopia, incontrati presso lo stand di Fermento Editore. Spero che le numerose copie del libro in vendita siano state sufficienti per tutti e sottolineo che il libro è comunque disponibile e ordinabile in tutte le librerie e in internet. Se avessi dimenticato di salutare qualcuno me ne scuso e lo faccio ora qui. Per la cronaca, non si sono verificate scene di isterismi da parte degli adepti della farneticante e criminale setta fondamentalista della Chiesa cattolica. Tutto è filato liscio. Grazie e alla prossima. Buona evoluzione a tutti.”

Ennio Montesi

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04 dicembre 2012

Ennio Montesi - L'uomo che uccise Dio, Il romanzo della realtà e dell'utopia - Fermento Editore

Ennio Montesi - L'uomo che uccise Dio, Il romanzo della realtà e dell'utopia - Fermento Editore



Ennio Montesi
L’UOMO CHE UCCISE DIO
Romanzo della realtà e dell’utopia

Parteciperà alla fiera del libro “Più Libri Più Liberi”
tutte le forme della scrittura
6 - 9 Dicembre 2012

Lo scrittore incontrerà lettori, 
amici (e forse nemici)
nella giornata di Sabato 8 Dicembre

nello stand Q06 del padiglione centrale 
di Fermento Editore
Roma Palazzo dei Congressi dell’EUR
Piazzale Kennedy 1

Info e accrediti ingresso fiera

L’uomo che uccise Dio

Aggiornamenti e commenti su FACEBOOK




Metti il tuo SÌ all’evento su FACEBOOK

Dalla Stazione Termini: Metro B, direzione Laurentina, fermata EUR Fermi. Dalla fermata, 5 minuti a piedi seguendo Viale Shakespeare.

In auto: Uscita n. 26 (Roma Eur) del Grande Raccordo Anulare in direzione centro città, proseguire fino a Piazza G. Marconi (Obelisco), al primo semaforo a destra (Viale della Civiltà del Lavoro) e proseguire per 200 mt. circa.


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NO AI CATTOLICI ATTORNO A ME di Ennio Montesi



NO AI CATTOLICI 
ATTORNO A ME 
di Ennio Montesi

“In base alle mie precedenti negative esperienze, alle manifestazioni pubbliche ad personam organizzate contro di me e alle minacce di morte pervenutemi in passato per i miei libri, articoli e conferenze, non voglio avere nulla a che fare con i farneticanti, arroganti e violenti adepti fondamentalisti della terrorizzante e criminale setta assassina della Chiesa cattolica. Considero tali individui semplici Malati Mentali Volontari. Neanche voglio avere nulla a che fare con i servi ipocriti e i miserevoli lacchè del criminale Stato integralista, dittatoriale cattolico-fascista del Vaticano. Per entrambe le categorie provo pietà, nausea, schifo e disprezzo. Chiedo a tali individui che non vengano alle mie conferenze, che non vengano alle mie presentazioni poiché non dialogo, e mai dialogherò, con tali insulsi personaggi forti solo della propria ignoranza, arroganza e violenza.”

Ennio Montesi

Ennio Montesi
L’UOMO CHE UCCISE DIO
Romanzo della realtà e dell’utopia

Parteciperà alla fiera del libro “Più Libri Più Liberi”
tutte le forme della scrittura
6 - 9 Dicembre 2012

Lo scrittore incontrerà lettori, 
amici (e forse nemici)
nella giornata di Sabato 8 Dicembre

nello stand Q06 del padiglione centrale 
di Fermento Editore
Roma Palazzo dei Congressi dell’EUR
Piazzale Kennedy 1

Info e accrediti ingresso fiera

L’uomo che uccise Dio

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Dalla Stazione Termini: Metro B, direzione Laurentina, fermata EUR Fermi. Dalla fermata, 5 minuti a piedi seguendo Viale Shakespeare.

In auto: Uscita n. 26 (Roma Eur) del Grande Raccordo Anulare in direzione centro città, proseguire fino a Piazza G. Marconi (Obelisco), al primo semaforo a destra (Viale della Civiltà del Lavoro) e proseguire per 200 mt. circa.

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08 marzo 2012

Ascolta subito il saggio “Veritare, voce del verbo veritare” di Ennio Montesi




Ascolta subito
“Veritare, voce del verbo veritare”
di Ennio Montesi


Questo è il link diretto dal quale ascoltare
e scaricare il file audio Mp3 
del saggio letto da un attore teatrale
Clicca qui:

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07 febbraio 2012

Ennio Montesi RACCONTI PER NON IMPAZZIRE Mursia Editore


Ennio Montesi 
RACCONTI 
PER NON IMPAZZIRE 
Mursia Editore

“L’Umanità non vuole vivere libera in libertà, 
ma libera in una prigione.” 
Ennio Montesi

Scarica gratis da Il Narratore Audiolibri il file mp3 “Veritare, voce del verbo veritare. Nel tempo dell’inganno universale veritare è un atto rivoluzionario” di Ennio Montesi


È disponibile un nuovo interessante contenuto del vasto Archivio Audio gratuito del portale di Audiolibri Il Narratore www.ilnarratore.com . Lo scrittore Ennio Montesi ha coniato il neologismo ‘veritare’ introducendolo nella lingua italiana e nel linguaggio scritto e parlato. Puoi scaricare e ascoltare Veritare, voce del verbo veritare dall’Archivio audio gratuito e puoi scaricare anche altri interessanti e bellissimi brani per la scuola, lo studio e la cultura.

Questo contributo critico alla lingua italiana è letto dall’attore Roberto Roma. Con il file audio mp3 puoi anche scaricare il testo originale in PDF contenente la biografia dell’autore, la coniugazione del verbo e approfondimenti sul tema della ‘Verità’.

Buon ascolto e buona lettura!



Riferimento:

“Uccidi la tua religione
prima che la religione uccida te.”
Ennio Montesi

“Kill your religion 
before religion kills you.”
Ennio Montesi

Ennio Montesi
ha firmato i Racconti per non impazzire, Mursia Editore, scritti su richiesta di Federico Fellini. Ha pubblicato il romanzo L’uomo a metà, è stato autore di soggetti per la televisione e per il cinema. Una lunga intervista è pubblicata nel libro Come fare a meno di Dio e vivere liberi – Saggi e interviste sulla libertà di pensiero, Coniglio Editore. Scrittore ateo dichiaratamente contro la Chiesa cattolica e contro il Vaticano, i cui libri, scritti e conferenze sono spesso fonte di accese polemiche come quando il partito politico Lega Nord organizzò una manifestazione pubblica ateofoba contro di lui, una specie di fatwa cattolica lanciata ad personam. Montesi è considerato il massimo esperto dei problemi legati al fondamentalismo e al terrorismo cristiano-cattolico della setta oltranzista della Chiesa cattolica e ha ricevuto minacce di morte da fondamentalisti cattolici. Montesi ha coniato e introdotto nella lingua italiana il neologismo lessicale ‘veritare’ con il saggio Veritare, voce del verbo veritare. Nel tempo dell’inganno universale veritare è un atto rivoluzionario adottato nelle scuole e nelle università. Significativo il suo scambio epistolare con lo scrittore statunitense Henry Roth, il quale dedicò a Montesi il racconto Prose-writer’s Threnody. Alcuni suoi scritti sono entrati a fare parte del grande archivio storico American Jewish Historical Society di New York (www.cjh.org/nhprc/HenryRoth02.html) il cui evento venne segnalato dal magazine  londinese The Times Literary Supplement e dal newyorkese The New Yorker. Montesi è fondatore di Axteismo, movimento internazionale di libero pensiero, che concentra studiosi, cristologi laici, docenti, ricercatori, scienziati, magistrati, giornalisti, scrittori e persone che non accettano imposizioni e influenze religiose. Montesi ha inoltrato richiesta ufficiale di asilo politico al primo ministro del Governo della Svezia per discriminazioni e persecuzioni religiose-politiche da parte del Governo italiano poiché gli viene imposto il simbolo religioso e politico del crocifisso nelle pubbliche strutture. Saggi e articoli sono tradotti dalla stampa estera, molti dei quali disponibili in lingua italiana in internet.

Ennio Montesi RACCONTI PER NON IMPAZZIRE Mursia Editore


Ennio Montesi 
RACCONTI 
PER NON IMPAZZIRE 
Mursia Editore

“Considerato che il tempo non passa, 
ma siamo noi che passiamo 
dovrebbe indurre l’umanità 
a non sprecare se stessa.” 
Ennio Montesi

01 dicembre 2011

Veritare, voce del verbo veritare. Nel tempo dell’inganno universale veritare è un atto rivoluzionario. Ennio Montesi

Veritare è il neologismo coniato e introdotto

da Ennio Montesi nella lingua italiana.

di Ennio Montesi

Le persone mentono. La società mente. La bugia attraversa e impregna la società. L’inganno tiene insieme un amalgama untuoso di società soffocata da vischiose menzogne. Impera in politica la menzogna. La menzogna si è innalzata imponente e con prepotenza a sinonimo di politica. Politici che non mentissero sembrerebbero non potere svolgere la funzione politica né l’attività parlamentare. La società italiana si è indirizzata palesemente verso la spregevole strada ingannatrice della menzogna, della falsità, della doppiezza, della finzione, dell’ipocrisia, della simulazione, della bugia, dell’impostura. Rare eccezioni non risolvono il problema. Riferimento principale è all’Italia e agli italiani anche se sappiamo che la menzogna, come l’aria, non ha confini, alberga e ricopre l’emisfero boreale come quello australe, da occidente ad oriente.

Mentono gli imputati giudicati dinanzi alla legge e gli avvocati difensori. Mentono i pubblici ministeri accusatori e i giudici. Mentono i giornalisti e gli opinionisti. Mentono gli scrittori e gli oratori. Mentono i governanti e i capi di Stato. Mentono spudoratamente le religioni. Alla grande mentono i preti e i vescovi. Senza vergogna mentono i cardinali e i papi. Mentono i vangeli, le bibbie, il corano e la torah. Mentono le carte costituzionali e i trattati internazionali. Mentono i bambini e i genitori. Mentono gli zii e i nonni. Mentono gli imprenditori e i sindacalisti. Mentono gli studenti e gli insegnanti. Mentono i commercianti e i pubblicitari. Mentono i libri e i film. Mentono le canzoni e le poesie. Mentono le rappresentazioni teatrali e gli attori.

Sembrerebbe che l’Umanità intera sia instancabile produttrice di menzogne, tenace portatrice di fanfaluche. La storia dell’uomo è così tanto infarcita di fandonie che a volte le falsità vengono spinte fino al punto in cui la verità viene trasformata scelleratamente in menzogna, mentre la menzogna viene scolpita a lettere cubitali come fosse verità assoluta e inconfutabile. Il danno sociale provocato dalla menzogna è enorme, incalcolabile e coinvolge indistintamente tutti i settori della vita quotidiana di tutti i popoli. La menzogna modifica la società, la finanza, la politica, la produttività e la vita degli esseri umani. La menzogna modifica spesso la democrazia, l’uguaglianza e la libertà delle popolazioni. L’esistenza degli individui è messa a repentaglio e a rischio dalla colpevole menzogna. La menzogna potrebbe condurre l’Umanità verso la propria fine.

Il predominare della menzogna, vincendo sulla verità, fa la differenza sulla qualità e sull’evoluzione della vita. George Orwell aveva ragione quando affermò che “Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario.”

In italiano, come in molte altre lingue, non esiste neanche un verbo che significhi «dire la verità». Dire la verità, sembrerebbe essere un’azione talmente banale e rara che, a consultare il lessico italiano, non abbisognerebbe di un proprio verbo che la definisca con chiarezza. La locuzione «non mentire» viene usata in maniera bizzarra e maldestra per definire il significato del «dire la verità». L’avverbio di negazione «non», anteposto a «mentire», presuppone scarso intento del dire la verità cioè di veritare. L’uso di «dire la verità» o di «non mentire» è sgradevole e inaccettabile: si percepisce in tali locuzioni una sottile forzatura, una velata e ambigua violenza linguistica che non fa onore alla straordinaria ricchezza della nostra lingua e alla meravigliosa storia della letteratura italiana.

Da dove deriva il verbo mentire? Deriva dal latino tardo mentire, classico mentiri, derivato di mens mentis ‘mente’, dapprima con il significato di ‘immaginare’, poi ‘fingere’, quindi ‘mentire’.

Mi sono a volte trovato ad elaborare concetti, scrivere frasi all’interno delle quali mi serviva il verbo relativo al significato di non mentire o dire la verità. Nonostante i tanti vocabolari e dizionari della lingua italiana a disposizione nessuno poteva offrirmi quello che andavo cercando. Un buco inspiegabile nella lingua italiana e una rilevante manchevolezza nel linguaggio sociale. Come se mancasse o fosse andata smarrita una parola, una signora parola. Non esistendo allora alcun verbo che significasse non mentire o dire la verità dovetti, con disappunto e disagio, ripiegare e accontentarmi di vocaboli imperfetti, di costruzioni letterarie inappropriate tradendo e violentando così i miei pensieri e quindi i miei scritti.

Come scrittore che lavora con le parole mi sono sentito frustrato, forse come un artigiano falegname che, seppure sia in possesso di diversi utensili funzionali, di ottimi attrezzi per lavorare il legno, gliene manchi tuttavia uno molto importante: l’utensile del verbo veritare. Servendomi tale indispensabile attrezzo veritare e non trovandolo da nessuna parte l’ho così progettato e costruito per conto mio. Da questo momento il verbo veritare esiste ed è a disposizione di tutti essendo il brevetto di veritare senza copyright cioè gratuito.

Sono certo che il verbo veritare sarà tradotto un giorno in altre lingue e che scrittori e oratori lo useranno da ora in poi nei propri testi e nei discorsi. La lingua italiana potrà essere fiera ed orgogliosa di essere stata la prima lingua ad introdurre finalmente nel mondo, nello scibile umano questo significativo e importante vocabolo, suggerendolo e in qualche modo imponendolo culturalmente, intellettualmente e socialmente anche alle altre lingue e linguaggi a cominciare da quelli europei.

Il beneficio che si ricaverà dall’uso di veritare non sarà soltanto relativo all’aspetto linguistico e allo stile letterario. Considerato che un popolo si esprime, comunica e agisce mediante la parola parlata e scritta ritengo, e sono sicuro, che ciò potrà migliorare il processo di evoluzione della società, della democrazia, dell’uguaglianza e della libertà dei popoli. Veritare darà ottimo e meritato filo da torcere allo spavaldo e prepotente mentire. Mentire non potrà più tiranneggiare sulla lingua italiana poiché dovrà fare i conti e vedersela con veritare. Veritare ristabilirà la giusta democrazia letteraria e il necessario equilibrio linguistico. Veritare avrà davvero molto lavoro da svolgere.

Per introdurre un neologismo lessicale, una parola nuova nel pensato, nello scritto, nel parlato popolare e nel linguaggio comune è sufficiente usarla. Basta scriverla, dirla, pronunciarla in pubblico. Nient’altro. L’invito che faccio al lettore e agli italiani è quello di usare patriotticamente sin da subito il verbo veritare il quale, seppure potrebbe risultare di strana musicalità all’orecchio, diverrà in breve tempo un magnifico irrinunciabile suono, elegante e prezioso. Sarà un gioco divertente sia per gli adulti, sia per i bambini nelle scuole, sia per gli studenti nelle università il costruire frasi e discorsi inserendo il verbo veritare, spronando la cultura e acuendo l’intelligenza. “Io verito in questo mio saggio.” Questa è la mia seconda frase varata, dopo quella del titolo.

Ho creato e pronunciato molte frasi con veritare e per ognuna di esse ho provato una sottile emozione, un nobile brivido di piacere. Ero certo che nella secolare e tormentata vicenda umana, nonostante i miliardi di abitanti transitati e ancora in transito sul pianeta, ero io – e io solo – il primo essere vivente a pensare e a dire quelle frasi, a costruire concetti mai espressi dagli albori del tempo, da quando nacque il pensiero dell’Uomo. Milioni di altre frasi ed espressioni nasceranno e navigheranno sull’oceano sconfinato del pensiero, del linguaggio e della conoscenza.

Se l’Accademia della Crusca, il linguista Tullio De Mauro, i curatori dei dizionari e dei vocabolari della lingua italiana Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Aldo Gabrielli, Nicola Zingarelli e gli editori Add, Adelphi, Alegre, Aliberti, Antonio Vallardi, Aragno, Ariele, Armando, Armenia, Arnoldo Mondadori, Astrolabio, Audino, Barbera, Bastogi, Bfs, Bietti, Bollati Boringhieri, Bompiani, Bruno Mondadori, Cairo, Carocci, Castelvecchi, Chiarelettere, Clandestine, Coniglio, Corvino Media, Curcio, Dalai, De Agostini, Dedalo, Derive Approdi, Diabasis, Donzelli, E/o, Einaudi, Elèuthera, Elliot, Fabbri, Fandango, Fanucci, Fazi, Feltrinelli, Firera & Liuzzo Group, Garzanti, Giuffrè, Giulio Perrone, Giunti, Gremese, Gruppo Mauri Spagnol, Gruppo Ugo Mursia, Guanda, Hoepli, Ibis, Il Castoro, Il Maestrale, Il Melangolo, Il Mulino, Il Saggiatore, Instar, Internazionali Riuniti, Iperborea, Ipermedium, Ippocampo, Isbn, Joker, Kaos, Keller, La Lepre, La Zisa, Lanfranchi, Laterza, Lattes, Le Monnier, Liberilibri, Liguori, Lindau, Loescher, Logos, Longanesi, Luca Sossella, Macro, Maggioli, Manifesto Libri, Marco Tropea, Marcos y Marcos, Marsilio, Massari, Mediterranee, Meltemi, Mimesis, Minimum Fax, Motta, Neri Pozza, Newton Compton, Nexus, Nord, Nottetempo, Nuovi Mondi Media, Odoya, Odradek, Olimpia, Passigli, Pendragon, Piano B, Piemme, Polillo, Ponte alle Grazie, Ponte Sisto, Prospettiva, Quodlibet, Raffaello Cortina, Rizzoli, Road Book, Rubbettino, Rusconi, Salani, Salerno, Sartorio, Scheiwiller, Scipioni, Sei, Sellerio, Sonzogno, Sperling & Kupfer, Stampa Alternativa, Sironi, Sugarco, Tea, Tempesta, Termidoro, Teti, Touring, Transeuropa, Treccani, Tullio Pironti, Unicopli, Vallecchi, Vivalibri, Voland, White Star, Zandonai, Zanichelli e altri volessero prendere atto con sollecitudine della nascita e dell’uso del nuovo verbo veritare tanto meglio, così il processo di acquisizione e di introduzione nella lingua italiana e nel linguaggio corrente si velocizzerà. Anche se la rete internet è già per eccellenza il più grande acceleratore e moltiplicatore esistente di idee, informazione e cultura. Ecco i dettagli e la coniugazione verbale di veritare.

Veritare (ve-ri-tà-re) verbo intransitivo della prima coniugazione (vèrito, ecc.) verbo ausiliare: avere. Asserire o dire verità con piena consapevolezza e determinazione, smascherare la menzogna: sono abituato a veritare. Veritare, venne coniato e introdotto nella lingua italiana da Ennio Montesi, scrittore di libero pensiero, ateo sbattezzato, cancellato dalla setta fondamentalista della Chiesa cattolica, con il saggio “Veritare, voce del verbo veritare. Nel tempo dell’inganno universale veritare è un atto rivoluzionario.” scritto il 20 settembre 2011. Opera di Ennio Montesi è anche la coniugazione verbale completa di veritare, riportata qui di seguito:

INDICATIVO

Presente

io verito

tu veriti

egli verita

noi veritiamo

voi veritate

essi veritano

Passato prossimo

io ho veritato

tu hai veritato

egli ha veritato

noi abbiamo veritato

voi avete veritato

essi hanno veritato

Imperfetto

io veritavo

tu veritavi

egli veritava

noi veritavamo

voi veritavate

essi veritavano

Trapassato prossimo

io avevo veritato

tu avevi veritato

egli aveva veritato

noi avevamo veritato

voi avevate veritato

essi avevano veritato

Passato remoto

io veritai

tu veritasti

egli veritò

noi veritammo

voi veritaste

essi veritarono

Trapassato remoto

io ebbi veritato

tu avesti veritato

egli ebbe veritato

noi avemmo veritato

voi aveste veritato

essi ebbero veritato

Futuro semplice

io veriterò

tu veriterai

egli veriterà

noi veriteremo

voi veriterete

essi veriteranno

Futuro anteriore

io avrò veritato

tu avrai veritato

egli avrà veritato

noi avremo veritato

voi avrete veritato

essi avranno veritato

CONGIUNTIVO

Presente

che io veriti

che tu veriti

che egli veriti

che noi veritiamo

che voi veritiate

che essi veritino

Passato

che io abbia veritato

che tu abbia veritato

che egli abbia veritato

che noi abbiamo veritato

che voi abbiate veritato

che essi abbiano veritato

Imperfetto

che io veritassi

che tu veritassi

che egli veritasse

che noi veritassimo

che voi veritaste

che essi veritassero

Trapassato

che io avessi veritato

che tu avessi veritato

che egli avesse veritato

che noi avessimo veritato

che voi aveste veritato

che essi avessero veritato

CONDIZIONALE

Presente

io veriterei

tu veriteresti

egli veriterebbe

noi veriteremmo

voi veritereste

essi veriterebbero

Passato

io avrei veritato

tu avresti veritato

egli avrebbe veritato

noi avremmo veritato

voi avreste veritato

essi avrebbero veritato

IMPERATIVO

Presente

---

verita (tu)

veriti (egli)

veritiamo (noi)

veritate (voi)

veritino (essi)

INFINITO

Presente

veritare

Passato

avere veritato

PARTICIPIO

Presente

veritante

Passato

veritato

GERUNDIO

Presente

veritando

Passato

avendo veritato

Quasi tutti usiamo personal computer per scrivere nei quali programmi di scrittura un vocabolario elettronico di base segnala parole errate oppure sconosciute. Veritare sarà identificata come parola sconosciuta e sottolineata con segno rosso. È sufficiente dare una sola volta il comando ‘aggiungi’ cliccando sopra alla parola veritare e il vocabolario apprenderà della sua esistenza mettendola in memoria. Lo stesso vale per la coniugazione completa di veritare risolvibile allo stesso modo. Nelle prossime versioni dei vocabolari elettronici veritare e sua coniugazione saranno inseriti e aggiornati dai produttori dei software di scrittura.

Il proverbio latino “In vino veritas” significa letteralmente «nel vino è la verità». Il nostro potente verbo veritare è ora pronto e tirato a lucido per l’immediato uso. Che sia detto con una punta di orgoglio italiano e di sfida: “In veritare c’è la verità. Veritiamo a noi stessi e al prossimo per costruire la società migliore nella quale vivere”.

Un brindisi di vita millenaria a veritare!

Ennio Montesi

http://raccontipernonimpazzire.blogspot.com/

http://veritare.blogspot.com/

*****

Ennio Montesi

ha firmato i Racconti per non impazzire, Mursia Editore, scritti su richiesta di Federico Fellini. Ha pubblicato il romanzo L’uomo a metà, è stato autore di soggetti per la televisione e per il cinema. Una lunga intervista è pubblicata nel libro Come fare a meno di Dio e vivere liberi – Saggi e interviste sulla libertà di pensiero, Coniglio Editore. Scrittore ateo dichiaratamente contro la Chiesa cattolica e contro il Vaticano, i cui libri, scritti e conferenze sono spesso fonte di accese polemiche come quando il partito politico Lega Nord organizzò una manifestazione pubblica ateofoba contro di lui, una specie di fatwa cattolica lanciata ad personam. Montesi è considerato il massimo esperto dei problemi legati al fondamentalismo e al terrorismo cristiano-cattolico della setta oltranzista della Chiesa cattolica. Recentemente ha ricevuto minacce di morte da fondamentalisti cattolici. Significativo il suo scambio epistolare con lo scrittore statunitense Henry Roth, il quale dedicò a Montesi il racconto Prose-writer’s Threnody. Alcuni suoi scritti sono entrati a fare parte del grande archivio storico American Jewish Historical Society di New York (www.cjh.org/nhprc/HenryRoth02.html) il cui evento venne segnalato dal magazine londinese The Times Literary Supplement e dal newyorkese The New Yorker. Montesi è fondatore di Axteismo, movimento internazionale di libero pensiero, che concentra studiosi, cristologi laici, docenti, ricercatori, scienziati, magistrati, giornalisti, scrittori e persone che non accettano imposizioni e influenze religiose. Montesi ha inoltrato richiesta ufficiale di asilo politico al primo ministro del Governo della Svezia per discriminazioni e persecuzioni religiose-politiche da parte del Governo italiano poiché gli viene imposto il simbolo religioso e politico del crocifisso nelle pubbliche strutture. Saggi e articoli sono tradotti dalla stampa estera, molti dei quali disponibili in lingua italiana in internet.

Questo testo è in regime di Copyleft: la pubblicazione e riproduzione

è libera e incoraggiata purché il saggio sia riportato

in versione integrale, con lo stesso titolo,

citando il nome dell’autore e riportando questa scritta.


Per approfondire il tema "Verità"

Verità

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Col termine verità si indicano una varietà di significati, che esprimono un senso di accordo con la realtà, e sono in genere collegati col concetto di onestà, buona fede e sincerità. Non c’è una definizione univoca su cui la maggior parte dei filosofi di professione e gli studiosi concordino, e varie teorie e punti di vista della verità continuano ad essere discussi. I principali argomenti di dibattito riguardano la definizione e l’identificazione della verità, e la questione se la verità sia qualcosa di soggettivo, relativo, oggettivo, o assoluto.

Fondamenti della verità

Le proposizioni, le affermazioni, le dichiarazioni, le idee, le convinzioni ed i giudizi sono suscettibili di essere veri o falsi. Essi sono perciò chiamati spesso “fondamenti della verità”. Alcuni filosofi escludono una o più di queste categorie, o sostengono che alcune di esse possono essere vere solo in senso lato, spesso sulla base delle teorie discusse nel seguito. Per esempio, si pensa spesso che le proposizioni siano le sole cose che possono essere dette vere in senso letterale. Una proposizione è l’entità astratta che viene espressa in una dichiarazione, sostenuta in una convinzione, affermata in una affermazione o un giudizio. Tutte queste cose (che sono parti di un linguaggio) vengono dette “vere” solo se esse esprimono, sostengono o affermano proposizioni vere. In tal modo affermazioni fatte in lingue diverse, quali ad esempio (in inglese) The sky is blue e (in tedesco) Der Himmel ist blau (il cielo è blu) sono entrambe vere e, soprattutto, lo sono per lo stesso motivo, e cioè perché entrambe esprimono la stessa proposizione. D’altro canto, molti filosofi hanno sostenuto che le proposizioni (e simili entità astratte) sono in sé misteriose e forniscono spiegazioni limitate mentre, al contrario, le affermazioni, o anche la loro espressione, costituisce un fondamento di verità più chiaro. Alcuni altri sostengono che la ricerca della verità ha spesso carattere tautologico, perché nel sillogismo le premesse già contengono la deduzione.

Teorie sulla verità

Tipi di teorie saldi e deflazionari

C’è un vasto insieme di teorie sulla verità proposte dai filosofi e dai logici. Esse possono essere raggruppate in due classi.

Prima classe

Le teorie che seguono hanno tutte in comune il presupposto che la verità è un concetto saldo e sicuro per la conoscenza (cosa che risulterà più chiara nel seguito):

La teoria corrispondentista vede la verità come corrispondenza con la realtà. Così, un’affermazione è vera solo quando esprime degli stati di cose presenti nel mondo.

La teoria della coerenza vede la verità come coerenza all’interno di un certo insieme di affermazioni o, più spesso, di convinzioni. Per esempio, la convinzione di una certa persona è vera solo quando essa è coerente con tutte (o con la maggior parte) delle altre sue convinzioni.

La teoria del consenso, di Charles Sanders Peirce sostiene che la verità è ciò che mette d’accordo (o lo farà nel prossimo futuro) le opinioni di certi gruppi specifici, quali ad esempio gli studiosi competenti in un certo ambito (ad esempio gli scienziati).

Il pragmatismo valuta la verità in base all’utilità delle conseguenze pratiche di una certa idea. Un’idea è vera, in altri termini, se – mediante le idee e gli atti che ci suscita – è capace di guidarci senza intoppi da un’esperienza ad un’altra.

Il costruttivismo sociale sostiene che la verità è costruita dai processi sociali, e che essa rappresenta la lotta di potere all’interno di una comunità.

Seconda classe

Molti filosofi rifiutano l’idea che la verità sia un concetto “saldo” in questo senso. Essi sostengono che dire “2 + 2 = 4” è vera sia dire niente di più che 2 + 2 = 4, e che non c’è nient’altro da dire sulla verità oltre questo. Queste posizioni sono quasi universalmente chiamate teorie “deflazionarie” della verità (in quanto il concetto è stato “sgonfiato” della sua importanza) o anche teorie “senza virgolette” (per appuntare l’attenzione sul fatto che esse rimuovono le virgolette da ogni proposizione, come mostrato nell’esempio precedente). Il principale proposito teoretico di queste prospettive è di illustrare quei casi particolari nei quali emergono proprietà particolarmente interessanti del concetto di verità. (Vedere anche paradossi semantici e nel seguito). In questo insieme ricadono anche alcune varianti del pragmatismo, ed anche molti teorici della corrispondenza possono essere interpretati come appartenenti a questo campo.

Teorie specifiche

Ciascuna di queste può essere interpretata sia come definizione della natura fondamentale della verità, sia come criterio per la determinazione dei valori di verità. Così, ad esempio, un realista può definire la verità come la corrispondenza ai fatti, e concludere che l’unico modo valido per stabilire la verità di una proposizione è controllare se essa corrisponda o meno ai fatti. Un coerentista terrà per fermo che la verità o la falsità di una affermazione è determinata dalla sua coerenza all’interno del corpo delle conoscenze scientifiche condivise. Pierce ha proposto nei suoi ultimi scritti che la verità può essere definita come corrispondenza alla realtà, ma ricordando che la verità o la falsità di una proposizione può essere stabilita solo tramite l’accordo degli esperti. La teoria semantica si fonda sul caso generale: ‘P’ è vera se e solo se P, dove ‘P’ è il riferimento all’affermazione (ovvero, il nome di quell’affermazione), e P è l’affermazione stessa. Il suo inventore, il filosofo e logico Alfred Tarski, pensò che la teoria semantica, per diversi motivi, non potesse essere applicata a nessuno dei linguaggi naturali, quali ad esempio l’italiano. Tarski pensò alla sua teoria come a una particolare teoria della corrispondenza, nella quale si suppone che il termine situato a destra corrisponda ai fatti. Ma egli è stato anche elaboratore e fondatore di una semantica della verità, basata su “modelli”, per cui le condizioni del vero sono già implicate dalle componenti del discorso. Le teorie deflazionarie, dopo Gottlob Frege e F. P. Ramsey, dichiarano inoltre che “verità” non è il nome di qualche proprietà delle proposizioni – qualche cosa circa la quale si possa avere una determinata teoria. La convinzione che la verità sia una proprietà è solo un’illusione provocata dal fatto che il nostro linguaggio dispone del predicato “è vero”, in riferimento alle cose, proprio come se la verità appartenesse loro. Tuttavia, dicono i deflazionisti, le affermazioni che sembrano predicare la verità non fanno altro che segnalare una certa concordanza con l’affermazione stessa. Per esempio, la teoria della ridondanza sostiene che asserire che una certa affermazione è vera non è altro che asserire l’affermazione stessa. Quindi, dire “La neve è bianca” è vera non è né più né meno che dire che la neve è bianca. Un secondo esempio è portato dalla teoria performativa, che sostiene che dire “La neve è bianca” è vera consiste semplicemente nell’effettuare l’atto linguistico del segnalare la propria convinzione che la neve sia bianca. L’idea che alcune affermazioni siano più vere e proprie azioni che comunicazioni non è così strana come potrebbe sembrare. Si consideri, ad esempio, che quando la sposa dice “Lo voglio” al momento opportuno della cerimonia nuziale, ella effettua con ciò l’atto di prendere quest’uomo come suo legittimo sposo; ella quindi in tal caso non sta descrivendo sé stessa prendere quest’uomo. Un terzo tipo di teoria deflazionaria è la teoria “senza virgolette” che utilizza una variante dello schema di Tarski: dire che ''"P" è vera' è come dire P.

Soggettivo vs. oggettivo

Le verità soggettive sono quelle con cui abbiamo maggiore familiarità ed anche quelle che sono utilizzabili per la vita reale. Il pragmatismo nasce su questa base e la veridicità di un asserto è misurabile dalla sua utilità. Il soggettivismo metafisico sostiene che non esiste nient’altro che tali verità, ovvero che non possiamo conoscere in alcun modo niente di diverso dal contenuto della nostra personale esperienza. Questa prospettiva non rifiuta necessariamente il realismo, ma sostiene fermamente che non possiamo avere alcuna conoscenza diretta del mondo reale.

Per contro si pensa che le verità oggettive esistano e che per esser tali debbano risultare indipendenti dalle nostre convinzioni e dai nostri gusti personali. Tali verità dovrebbero quindi prescindere dal pensiero umano e concernere direttamente gli oggetti del conoscere fuori da chi li pensa. In effetti il principio oggettivo è abbastanza equivoco e si presta alle più diverse interpretazioni, basti pensare a quanti ritengono che la matematica sia strutturale alla materia e ne fondi le leggi.

Relativo vs. assoluto

Le verità relative sono affermazioni o proposizioni che sono vere soltanto relativamente a certi standard, convenzioni o punti di vista. Tutti concordano sul fatto che la verità o falsità di alcune affermazioni sia relativa: che l’albero si trovi alla sinistra del cespuglio dipende dal posto in cui ci si trova. Ma il relativismo è la dottrina per la quale tutte le verità che ricadono in un particolare ambito (morale, estetico, e così via) sono relative, e ciò comporta che ciò che è vero o falso varia al variare delle epoche e delle culture. Per esempio, il relativismo morale è quella visione per la quale è la società a determinare le verità morali. Le verità relative non possono essere confrontate con delle verità assolute. Le ultime sono infatti affermazioni che, per definizione, sono vere per tutte le epoche e le culture. Per esempio, per i musulmani l’affermazione Allah è grande esprime una verità assoluta; per gli economisti, che la legge della domanda e dell’offerta determini il valore di qualsiasi bene all’interno di una economia di mercato è vero in ogni situazione; per i kantiani, la massima morale “comportati in ogni circostanza come se la norma che dirige le tue azioni potesse essere elevata a legge universale” costituisce una verità assoluta. Si tratta di affermazioni che si pretende vengano fuori direttamente dalla più genuina natura dell’universo, da Dio, o da qualche realtà ultima o trascendente. Alcuni assolutisti, spingendosi ancora oltre, dichiarano che le dottrine che essi trattano come assolute emergano da certe caratteristiche universali della natura umana. L’assolutismo all’interno di un particolare ambito di pensiero è quella prospettiva per la quale tutte le affermazioni in quel dominio sono o assolutamente vere o assolutamente false: niente è vero solo per alcune culture o epoche e falso per altre. Per esempio, l’assolutismo morale è quella prospettiva per la quale dichiarazioni morali quali “Uccidere è sbagliato” o “Amare è giusto” sono vere per tutti gli uomini presenti, passati e futuri, senza eccezioni.

In filosofia e in teologia

Nello specifico, lo studio della verità attiene alla logica filosofica; ad essa si interessano particolarmente la metafisica, l’epistemologia, la gnoseologia, la filosofia della scienza e la filosofia del linguaggio.

L’etimologia greca

L’esigenza di ricercare la verità fu un tratto caratteristico già della filosofia greca, che per prima sollevò il problema dell’essere, ossia di ciò che veramente è. Il termine greco utilizzato per indicare la verità era άλήθεια, alethèia, la cui etimologia, come ha messo in luce Heidegger, [1] significa «non nascondimento», in quanto è composta da alfa privativo (α-) più λέθος, lèthos, che vuol dire propriamente eliminazione dell’oscuramento, ovvero disvelamento. La verità infatti era intesa non come una semplice realtà di fatto, ma come un atto dinamico, mai concluso, attraverso cui avviene la confutazione dell’errore e il riconoscimento del falso: non un pensiero statico e definito una volta per tutte, bensì movimento di rivelazione dell’essere. Se i sofisti, da un lato, tendevano a relativizzare il concetto dell’essere sulla base di un soggettivismo e nichilismo radicali, fu con Socrate e il suo discepolo Platone che si ebbe una forte reazione a questa concezione,[2] facendo della verità un bisogno fondamentale dell’anima, che si distingue nettamente dalle opinioni per la sua intrinseca validità e oggettività. Ne conseguì il carattere etico della verità. Sarà poi con Aristotele che verranno fissati in maniera quasi scientifica i caratteri della verità; egli, ad esempio, giudicava erroneo il detto del sofista Protagora secondo cui «l’uomo è misura di tutte le cose», proprio perché privava la verità di coerenza logica e di qualunque criterio oggettivo.[3] La verità si ha per lui quando l’intelletto giunge a coincidere con l’oggetto da conoscere, facendolo passare dalla potenza all’atto.[4] Nella contemplazione fine a se stessa della verità risiede per Aristotele la felicità e lo scopo ultimo della conoscenza metafisica. I diversi momenti dello scetticismo greco, sia quello che ha le sue origini in Pirrone e Timone, sia quello nato fra gli accademici Arcesilao e Carneade, mostrarono invece un atteggiamento negativo di fronte alle possibilità di conoscere la verità.

L’analogia neoplatonica con la luce

In ambito neoplatonico, Plotino concepì ancora la verità, ossia l’Uno da cui l’essere emana, non come un semplice dato di fatto, ma come un produrre se stessa, come un atto che si auto-avvalora in virtù della propria intrinseca forza e autenticità. Egli la assimilò alla luce: come questa si rende visibile agli occhi nel rendere loro possibile la visione degli oggetti sottraendoli all’oscurità, così la verità si rivela non per dimostrazione, ma per la sua stessa capacità di rivelare l’essere al pensiero, di farci distinguere quel che è da ciò che non è. Recuperando la tradizione neoplatonica, Spinoza dirà che la verità è criterio di se stessa, mentre il falso può essere riconosciuto solo a partire dalla verità: conoscere una verità significa anche sapere di conoscerla, e sapere al contempo che il falso le si oppone.[5]

La doppia verità

Nel Medioevo la verità divenne oggetto di indagine anche della filosofia islamica, incontrandosi con le nuove istanze sollevate dalle religioni rivelate. Sottoponendo a critica tutta la conoscenza, Averroé nel rifarsi ad Aristotele sottolineò come la percezione sensibile abbia bisogno dell’Intelletto Agente per elevarsi all’astrazione, senza il quale si producono saperi variabili da uomo a uomo. In soccorso deve quindi giungere la religione, che si affianca alla ricerca filosofica riservata invece a pochi. La doppia verità, concetto attribuito erroneamente ad Averroè, è in realtà una semplificazione della sua dottrina, che anzi ebbe presente come le verità di fede e di ragione debbano costituire un’unica sola verità, conoscibile dai più semplici tramite la rivelazione e i sentimenti, e dai filosofi cui spetta invece il compito di riflettere scientificamente sui dogmi religiosi presenti in forma allegorica nel Corano. In Europa, tuttavia, la Chiesa cattolica romana inizialmente condannò quella che viene comunemente denominata teoria della “doppia verità”, ovvero la teoria per la quale, sebbene certe verità possano essere stabilite dalla ragione, è necessario credere per fede al loro contrario. La Chiesa si rivolgeva specificamente agli averroisti latini, in primo luogo Sigieri da Brabante, ma era intesa a contrastare più in generale la diffusione del pensiero di Aristotele, che la riconquista della Spagna ed il conseguente accesso alle biblioteche dei Mori avevano reintrodotto nel mondo intellettuale latino. A quel tempo, infatti, molte delle dottrine della Chiesa cattolica romana erano basate sul pensiero neoplatonico. Sarà con Tommaso d’Aquino che l’aristotelismo verrà definitivamente riabilitato all’interno del cristianesimo, sostenendo egli che le verità rivelate e quelle di ragione sono emanazione dello stesso Dio, e quindi non possono essere in contrasto tra loro.

Nel Cristianesimo

Secondo la concezione specificamente cristiana della verità, questa non è assimilabile a un concetto, ma piuttosto è incarnata, e quindi rappresentata direttamente da una Persona: Gesù Cristo. Tale visione è suffragata da diversi passi evangelici, ad esempio: «Allora Pilato gli disse: “Dunque tu sei re?”. Rispose Gesù: “Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Gli dice Pilato: “Che cos’è la verità?”. E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: “Io non trovo in lui nessuna colpa”» (Gv 18, 37 - 38). O ancora: «Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità, e la vita”» (Gv 14,6).

Il Catechismo della Chiesa cattolica afferma che: «2466 In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. “Pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14), egli è la “luce del mondo” (Gv 8,12), egli è la Verità [Gv 14,6]. “Chiunque crede” in lui non rimane “nelle tenebre” (Gv 12,46 ). Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi [Gv 8,32 ] e che santifica [Gv 17,17]. Seguire Gesù, è vivere dello “Spirito di verità” (Gv 14,17) che il Padre manda nel suo nome [Gv 14,26] e che guida alla verità tutta intera” (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l’amore incondizionato della verità: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no” (Mt 5,37)».

La teologia cristiana poi, appropriandosi di gran parte patrimonio filosofico elaborato soprattutto da Socrate, Platone, Aristotele, Plotino, ha più volte sostenuto l’irriducibilità della nozione di “verità” a quella di “dimostrabilità”. Alcuni tra i più importanti dottori della Chiesa, come Agostino, Anselmo d’Aosta, Tommaso, Bonaventura, Cusano, concepivano la Verità come qualcosa di trascendente, ovvero situata al di là del percorso logico-dialettico che occorre intraprendere per approdarvi, e quindi afferrabile tramite un atto intuitivo che sfocia nella dimensione mistica dell’estasi. Una tale dimensione non si traduceva comunque per costoro in un mero salto nell’irrazionale, quanto piuttosto nel sovra-razionale, in quella Verità assoluta che è Dio e in quanto tale sta a fondamento dell’ordine razionale dell’universo.[6] La verità in definitiva veniva intesa non come un oggetto o un’entità da possedere, bensì come Soggetto, da cui viceversa si viene posseduti. [7]

La nozione cristiana della verità cominciò a entrare in crisi con l’avvento del pensiero moderno, ad opera dei tentativi di Cartesio da una parte, e dell’empirismo dall’altra (soprattutto George Berkeley e David Hume), di escludere dall’orizzonte della verità tutto ciò che non potesse essere dimostrato logicamente, o verificato sperimentalmente. Questa nuova concezione della verità sarà poi fatta propria in particolare dal positivismo ottocentesco.

In logica matematica

Alcuni risultati del matematico boemo Kurt Gödel possono essere interpretati, molto informalmente, nel senso che vi è una netta discrepanza tra verità e dimostrabilità o, più precisamente, che, sotto certe ipotesi, non tutto ciò che è vero è dimostrabile. Kurt Gödel ha pubblicato il suo più famoso risultato nel 1931, all’età di 25 anni, quando lavorava presso l’Università di Vienna. Tale lavoro conteneva i famosi due Teoremi di incompletezza che da lui prendono il nome, secondo i quali: ogni sistema formale assiomatico ricorsivo e consistente (ossia privo di contraddizioni) S in grado di descrivere l’aritmetica dei numeri interi è dotato di proposizioni che non possono essere dimostrate né confutate sulla base degli assiomi di partenza (Primo Teorema) ed inoltre è insufficiente per provare la propria consistenza (Secondo Teorema). Parafrasando, se un sistema formale è logicamente coerente, la sua non contraddittorietà non può essere dimostrata né confutata stando all’interno del sistema logico stesso. In altre parole, ogni formula F' che esprime in S la consistenza di S stesso è non dimostrabile in S, per cui la non contraddittorietà di S non può essere dimostrata con i mezzi di S, ma, eventualmente, solo mediante concetti e metodi non formalizzabili in S. È da notare che, né nel suo enunciato, né nella sua dimostrazione, il teroema di Gödel fa uso della nozione di “verità”, e difatti il teorema di Gödel riguarda esclusivamente nozioni sintattiche, cioè è un teorema che riguarda i cosiddetti sistemi formali. Se però si associa anche una semantica al sistema formale S, soddisfacente le ipotesi sopra indicate, è possibile costruire in S delle formule F sintatticamente corrette che esprimono delle verità in S ma che sono indecidibili in S (sia F che non-F sono non dimostrabili in S). Infatti, una formula F' che esprima in S la consistenza di S stesso è da considerare intuitivamente vera, ma risulta non dimostrabile, per quanto detto sopra. Filosoficamente ne consegue una distinzione profonda tra i concetti di verità (intuitiva) e risultato di una dimostrazione (formale), distinzione che si può immaginare dicendo che non tutte le verità sono dimostrabili o che una macchina infallibile che sforni una infinità di dimostrazioni non raggiungerà tutte le verità. Dal punto di vista matematico, i concetti di verità e di dimostrabilità sono in partenza concettualmente molto distinti, perché il primo fa riferimento alla semantica, mentre il secondo si riferisce esclusivamente alla sintassi. Il teorema di Gödel mostra che, limitatamente all’ambito sopra indicato, questi concetti non potranno mai combaciare perfettamente, cioè che l’insieme delle formule intuitivamente “vere” non potrà mai coincidere con l’insieme delle formule dimostrabili.

Nel diritto

Nella scienza e nel diritto la verità è riconosciuta in quelle proposizioni o affermazioni il cui contenuto non sia controvertibile. Da un testimone che rende sotto giuramento la propria testimonianza verace in un tribunale non ci si aspetta l’enunciazione di proposizioni infallibilmente vere, ma la buona fede nel raccontare un evento osservato a partire dal proprio ricordo o nel fornire una testimonianza esperta. Ciò che un testimone verace afferma può differire (e sovente accade, nella pratica giudiziaria) da quanto affermato da altri testimoni, anch’essi veraci. Il giudice sarà poi responsabile di valutare l’attendibilità del testimone e la veracità della testimonianza.

Note

[1] Martin Heidegger, Dell’essenza della verità (conferenza del 1930 pubblicata nel 1943) in Segnavia, trad. it. a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1987.

[2] Vedasi il dialogo Teeteto di Platone.

[3] Aristotele, Metafisica, 1062 b 14.

[4] «C’è un intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le realtà, ed un altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto» (Aristotele, Sull’anima, libro III, in F. Volpi, Dizionario delle opere filosofiche, pag. 92, Mondadori, Milano 2000).

[5] Cfr. Spinoza, Ethica more geometrico demonstrata, XLIII.

[6] In particolare per Tommaso, la verità è il fine ultimo dell’intero universo, il quale trova senso e spiegazione nell’intelletto di Dio che l’ha creato (cfr. Tommaso d’Aquino, Summa contra gentiles, I, 1). Compito del sapiente è dunque quello di volgersi alla ricerca disinteressata della verità, come del resto la stessa divina Sapienza si è incarnata «per rendere testimonianza alla Verità» (Vangelo di Giovanni, XVII, 37).

[7] Tommaso d’Aquino sosteneva in proposito: «Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te» (De Veritate, 1257).

Bibliografia

Blackburn, S and Simmons K. 1999. Truth. Oxford University Press. A good anthology of classic articles, including papers by James, Russell, Ramsey, Tarski and more recent work

Field, H. 2001. Truth and the Absence of Fact, Oxford

Horwich, P. Truth. Oxford

Habermas, Jürgen. 2003. Truth and Justification. MIT Press

Kirkham, Richard 1992: Theories of Truth. Bradford Books. A very good reference book

Valore, P. 2004: Verità e teoria della corrispondenza, Cusl

Valore, P. 2004: Verità, Unicopli

Pubblicazione classica di Alfred Tarski del 1944 sulla concezione semantica della verità online

Rif.

http://it.wikipedia.org/wiki/Verit%C3%A0



“La speranza è quel velo della natura

che nasconde le nudità della verità.”

Alfred Bernhard Nobel,

inventore della dinamite e ideatore del Premio Nobel



“Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio

e vizio che non vivano della loro segretezza.

Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli,

rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi

la pubblica opinione li getterà via.

La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente,

ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri.”

Joseph Pulitzer,

fondatore del Premio Pulitzer

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Veritare, voce del verbo veritare.

Nel tempo dell’inganno universale

veritare è un atto rivoluzionario.

di Ennio Montesi

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